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  • Immagine del redattoreSara

"Il ricordo è il tessuto dell’identità" - Nelson Mandela

Le storie di solito cominciano con il classico "C'era una volta".

Questa no, questa comincia con "Ci sarà, sicuramente".


Ci sarà un posto, che per certi versi c'è già stato, dove l'uomo e la natura vivranno simbiotici.

Monna Terra nasce dalle "ceneri" di un vecchio casale dove tutto scorreva al ritmo delle stagioni.

La fatica si sente ancora a calpestare la terra, terra sassosa, a tratti ingenerosa, non per cattiveria ma per ritrosia tipica delle belle donne. La ritrosia di chi vuole essere amata per concedersi.

Devo dire di non essere ferrata, di non essere esattamente una contadina.

Le mie mani non hanno memoria di ciò che la terra vuole, ma i miei occhi decodificano tutto sottoforma di poesia. E di poetico qui c'è molto.

A partire dall'orizzonte zigzagante di colline coltivate dove da uno scorcio tra due chine fa capolino l'Adriatico che ti ammicca quasi a chiamarti.

Quello che ti trovi davanti all'arrivo a Monna Terra è questa culla tra i pendii, il mare in fondo come un ricordo, la casa adagiata su di uno spiazzo come un'isola di calore ed accoglienza con i suoi annessi a fare da arcipelago.

Tra poco ognuno di essi avrà la sua funzione nuova di zecca, ma per ora sono lì a raccontare storie di vendemmie e raccolta di olive, di bestiame e lavoro.

Al momento Pablo, Nadia, Roberto e Valerio, loro collaboratori, sono all'opera per liberare le stalle per dare loro nuova vita. La scoperta di attrezzi antichi e sconfinate quantità di damigiane, cassette per la raccolta e scarpe abbandonate da piedi che non toccano più questa terra, hanno fatto viaggiare le nostre menti a tempi in cui si collaborava tutti per poter godere a pieno dei frutti della terra e del lavoro.

Chissà quanto vino bevuto in compagnia, quanto olio che inondava il pane fatto a casa...chissà se le risate si fondevano ai versi degli animali da lavoro a riposo, se eccheggiavano tra queste vallate...